Leggere con la torcia. Storie di lettori notturni, lenzuola, giacigli ed incendi.

Che anche Bukowski abbia rischiato di morire carbonizzato come Lord Walsingham?
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Suzanne Valadon Donna nuda con coperta a righe, 1922

“Posso dire che ho letto in orari assurdi la mattina presto o la notte con mio padre che mi urla “devi andare a letto, domani lavori!”. Agnese

“Io leggevo tanto la notte: la nonna -chiudi la luce, chiudi la luce-, ma io leggevo perché poi andavo a scuola e quindi avevo poco tempo per la lettura”. Rossella

“Studiavo e leggevo la sera. Di solito ero vigile la sera, rendevo dalle otto fino a mezzanotte, poi c’erano libri che leggevo fino alle due e alle tre di notte perché volevo vedere la fine, dovevo leggerli subito, arrivare in fondo, non potevo aspettare quattro giorni, anche tomi consistenti”. MaraLuisa

“In collegio neanche di notte sotto le lenzuola con la piletta si poteva leggere di nascosto, si dormiva in un grande camerata come quella dei soldati, il mio letto era diviso da quello della mia compagna con un comodino, in fondo alla camerata la suora dormiva lì con una tenda intorno e passeggiava su e giù finché tutte non si erano addormentate”. Teresa

“Leggevo di nascosto, non tanto per il contenuto del libro ma per la fascia oraria, a luce spenta, con la torcia”. MariaPia

Leggere a letto, prima di dormire, è un’abitudine diffusa, considerata normale, da alcuni addirittura rimpianta come scrive Philip Roth su “Le Monde” nel 2013:

"Un lettore serio di narrativa è un adulto che legge, diciamo, due o più ore a notte, tre o quattro sere alla settimana, e alla fine di due o tre settimane ha letto il libro. Un lettore serio non è qualcuno che legge per mezz'ora alla volta e poi riprende il libro in spiaggia una settimana dopo. Mentre leggono, i lettori seri non sono distratti da nient'altro. Mettono i bambini a letto e poi leggono. Non guardano la TV a intermittenza o si fermano di tanto in tanto per fare acquisti on-line o per parlare al telefono. C'è, indiscutibilmente, un numero in rapida diminuzione di lettori seri, certamente in America. Naturalmente, la causa è qualcosa di più delle molteplici distrazioni della vita contemporanea. Si deve riconoscere il trionfo dello schermo. La lettura, seria o frivola, non ha alcuna possibilità contro lo schermo: prima lo schermo del cinema, poi quello della televisione, ora il proliferante schermo del computer, uno in tasca, uno sulla scrivania, uno in mano, e presto uno incastrato tra gli occhi " [1].

Oggi siamo così avvolti da stimoli visivi come la TV, gli schermi dei computer, i messaggi di testo e i social media che in effetti, come sottolinea Roth, arrivata la notte manca la giusta concentrazione per dedicarsi ad un’attività che addirittura nell’Europa del 18 secolo era considerata pericolosa. Proprio così.

Scrivendo per “The Atlantic”, Nika Mavrody ha scritto un interessante pezzo sulla lettura intitolato "The Dangers of Reading in Bed" (The Dangers of Reading in Bed - The Atlantic) dove descrive come il semplice portarsi un libro nel privato del proprio giaciglio fosse considerato un vizio da evitare. Una mattina del 1831, ad esempio, tale Lord Walsingham venne trovato carbonizzato nel proprio letto; il “Family Monitor” di quell’anno, trattando il tema delle persone che andavano incontro allo stesso destino del lord, parlava del “pericolo e della calamità più terribile”, riferendosi all’innocua abitudine di sfogliare le pagine di un libro prima di addormentarsi. In realtà, a parte qualche sfortunato caso, dei 29.069 incendi registrati a Londra tra il 1833 e il 1866 solo 34 erano stati attribuiti alle complicazioni del portare un’opera letteraria fra le lenzuola

Perché, allora, la gente si sentiva minacciata da questo comportamento?

Leggere a letto era controverso in parte perché era un’attività senza precedenti per almeno due motivi:

1) In passato, la lettura era stata una pratica condivisa che si svolgeva per la maggiore ad alta voce, tanto che nelle sue Confessioni Agostino nota la stranezza di S. Ambrogio che legge mentre “la sua voce è muta e la sua lingua ferma” (Vivarelli, 2018). L'invenzione della stampa, il progressivo minor costo dei volumi, la diminuzione (molto lenta) dell’analfabetismo trasformò la lettura silenziosa in una pratica comune - una pratica legata alle concezioni emergenti di “privacy” ed intimità.

2)  Anche le abitudini legate al sonno stavano cambiando. Per secoli in Europa, sia ricchi che poveri erano abituati a non dormire da soli. I contadini, per esempio, dividevano la loro unica stanza con il resto della famiglia, magari su un unico grande giaciglio o su vari letti più modesti allineati tra loro. I reali, a loro volta, erano spesso circondati dai loro cortigiani o dame di compagnia [2] ( Perrot, 2011).

Il letto singolo, privato, isolato, era per forza di cose molto sospetto. Cosa poteva fare una persona a letto, da sola, di notte si chiedevano, peraltro accompagnata dalla lettura, che trasporta la sua mente in altri luoghi e crea realtà distanti e immaginarie? Risposta: trasgredire alle buone regole della morale e magari privarsi della migliore ed auspicabile pratica della preghiera.

L’antropologa francese Michele Petit meglio di chiunque altro è riuscita a cogliere e spiegare questo potentissimo legame tra notte, letto e libri aggiungendo che in realtà, in un certo senso, leggiamo sempre nell’oscurità anche quando fuori è pieno giorno, perché leggere significa “creare angoli d’ombra” e perché la lettura è per sua natura “trasgressiva”:

 “La lettura può essere, a qualsiasi età, un rifugio ideale per costruire o preservare uno spazio individuale, intimo, privato, un luogo altro, una stanza tutta per sé. Uno spazio che si apre alla segretezza. I lettori si proteggono dall’intrusione degli importuni, dalla repressione, dalla violenza che il privato richiama. Ma anche nelle famiglie in cui i genitori non hanno mai vietato la lettura e si mantengono discreti, ci sono bambini che leggono sotto le lenzuola, la torcia elettrica in una mano, loro lì e tutto il mondo fuori. E se spesso leggere è un gesto che appartiene all’ombra alla notte, non è solo perché il tempo delle attività così dette utili è finalmente sospeso, ma anche perché leggendo si cerca un giardino protetto dagli sguardi, al confine del mondo”. (ELOGIO DELLA LETTURA, PP. 26-27).

Sono molti gli scrittori che confermato con le loro testimonianze autobiografiche quanto la lettura sia una cosa sola con la segretezza della notte, con il suo silenzio e come libro possa essere raccoglimento, creazione di uno spazio protetto dove il mondo esterno è sospeso. Sartre afferma che la letteratura è come la notte “perché la notte è libertà”, Colette e Edith Wharton leggevano e scrivevano a letto per sfuggire alla famiglia e agli obblighi sociali, per lo scrittore argentino Alberto Manguel la combinazione letto-libro rappresenta "un luogo familiare al quale ritornare notte dopo notte, sotto qualsiasi cielo". E ancora Grazia Cherchi: “L’altra sera ero a letto, quando un toc mi ha svegliato. Era il romanzo della McCarthy che mi era caduto di mano finendo per terra”, Elisabetta Rasy: “Amavo i libri lunghi, che duravano molte notti, amavo l’intimità che si crea di notte tra il libro e il suo lettore”.

Tante le testimonianze letterarie, una galleria enorme e variopinta che parla di proibizioni, di trasgressione, di piacere, di solitudine e raccoglimento. Proponiamo alcuni emblematici esempi riferibili alle giovinezze di tre grandi autori: Daniel Pennac, Elias Canetti, Charles Bukowski.

In comune una torcia.

"In collegio la lettura a piacere era proibita”, Pennac per aggirare il divieto di notte si nasconde sotto le coperte, e con l'aiuto di una torcia divora le sue opere preferite. In “Come un romanzo” scrive:

"Eravamo in quattro ad amare Natasha: il principe Andrej, quel mascalzone di Anatole (ma si può chiamarlo amore?), Pierre Bezuchov ed io. Non avendo molte chance fui costretto ad indentificarmi con gli altri (ma di certo non con quella carogna di Anatole). Lettura tanto più piacevole perché si svolse di notte, alla luce di una lampada tascabile e sotto le coperte tirate su come una tenda in mezzo ad un dormitorio di cinquanta sognatori, russatori, e sussultatori vari. L’angolo del sorvegliante, da cui scaturiva la luce del lume da notte, era vicinissimo, ma insomma, in amore si gioca sempre il tutto e per tutto".

Canetti racconta ne “La lingua salvata” che, giunta l’ora di dormire, sia lui che la madre si ritiravano nelle proprie stanze per concedersi il tempo della lettura:

Mi chiudevo alle spalle la porta del soggiorno e mentre mi spogliavo, la sentivo camminare su e giù ancora per un po’. Dopo essermi messo a letto stavo all’erta per cogliere lo scricchiolio della sedia quando lei ci saliva su, poi mi sembrava di sentirla mentre prendeva in mano il volume, e quando ero sicuro che lo aveva aperto, volgevo gli occhi verso la lama di luce che veniva da sotto la mia porta. A questo punto sapevo che per niente al mondo la mamma si sarebbe alzata e allora accendevo la mia minuscola lampadina tascabile e mi mettevo anch’io a leggere il mio libro sotto le coperte. Quello era il mio segreto che nessuno doveva conoscere e che controbilanciava il segreto dei suoi libri.  La mamma continuava a leggere fino a notte fonda, io dovevo usare con parsimonia la batteria della lampadina.

Anche Charles Bukowski in “Panino al Prosciutto”, resoconto della sua formazione intellettuale ed esistenziale, menziona questa abitudine:

E poi arrivò Hemingway. Che roba! Lui sì le sapeva mettere giù le frasi. Era una delizia. Le sue parole non era noiose, le sue parole ti facevano ronzare il cervello. Bastava leggerle, abbandonarsi alla magia, e si poteva vivere senza dolore, pieni di speranza, non importava come.

Ma quando tornavo a casa….

SPEGNI LA LUCE! Urlava mio padre

Stavo leggendo i russi, Turgenev e Gorgy. Mio padre voleva che le luci fossero spente alle 8 di sera. Voleva dormire per essere fresco ed efficiente, al lavoro, il giorno dopo. A casa non parlava d’altro che del suo lavoro. Parlava a mia madre del suo fottuto lavoro dal momento in cui metteva piede in casa la sera fino a quando andavamo a dormire. Era deciso a far carriera.

BENE, ADESSO BASTA CON QUEI FOTTUTI LIBRI, SPEGNI LA LUCE! Per me quei personaggi entrati da poco nella mia vita dal nulla erano tutto. Erano le sole voci che mi parlavano. 

Va bene, dicevo. Poi prendevo la lampada e mi infilavo sotto le coperte, tiravo sotto anche il cuscino, e leggevo, col libro appoggiato al cuscino, sotto la trapunta. Faceva un gran caldo, la lampada si surriscaldava e facevo fatica a respirare.

Che anche Bukowski abbia rischiato di morire carbonizzato come Lord Walsingham?

 

Bibliografia

Bukowski C. (1982) Panino al prosciutto.Tasco.

Canetti, E. (2017). La lingua salvata: storia di una giovinezza. Adelphi Edizioni spa.

Cherchi, G. (1997). Scompartimento per lettori e taciturni: articoli, ritratti, interviste. Feltrinelli Editore.

Ferrieri, L. (2011). La lettura spiegata a chi non legge: quindici variazioni. Bibliografica.

Ferrieri, L. (2013). Fra l'ultimo libro letto e il primo nuovo da aprire: letture e passioni che abitiamo. Olschki editore.

Manguel, A. (2010). Una storia della lettura. Feltrinelli Editore.

Pennac, D. (2010). Come un romanzo. Feltrinelli Editore.

Perrot, M., & Mauri, P. (2011). Storia delle camere. Sellerio.

Petit, M. (2010). Elogio della lettura. Ponte alle Grazie.

Rasy, E. (2009). Memorie di una lettrice notturna. Rizzoli.

Vivarelli, M. (2018). La lettura: storie, teorie, luoghi. Bibliografica.

 


[1]Traduzione nostra.

Philip Roth : "I don't wish to be a slave any longer to the stringent exigencies of literature" (lemonde.fr)

[2] Alberto Manguel dedicata un capitolo de Una storia della lettura proprio al leggere a letto e riferisce che non sia  un esercizio così antico, basti pensare a quanto sarebbe stato scomodo srotolare papiri sotto le coperte. Ma già nel Medioevo, una volta inventati i letti con spalliere e guanciali e sopratutto i libri rilegati, si trova una ricca iconografia di madonne e monaci che solennemente accomodati o rannicchiati in modo disordinato sotto le lenzuola si dedicano alla lettura (Alberto Manguel, 2010 )