(Topipittori, 2019) La testimonianza di BONA e un albo illustrato su Lina Bo Bardi

Ai tempi del liceo, nella città di S. Paolo, Brasile, frequentai molto la biblioteca pubblica, per leggere romanzi però, non per studiare. La facoltà che ho frequentato aveva un’ottima biblioteca, dove trascorrevo gli intervalli tra le lezioni.
Bona, Ex Architetto urbanista, San Paolo (Brasile)-Lucca, 1937

Qual è il tuo primo ricordo di lettura?

“Le ochette del pantano” filastrocca del sillabario di primaelementare.

Cosa hai letto durante l’infanzia?

Le solite favole, che non mi piacevano molto. Quando ero in seconda mi dettero per scarabocchiare un’agenda della Cirio che riportava notizie sui pomodori e rispettive conserve, le leggevo tutte! Libri per bambini ma non fiction; a sette anni mi ero fatta una cultura sulle formiche e a otto o nove ricordo un libro sui principali musicisti, uno su alcuni personaggi storici e uno intitolato “Tecnica della Vita”. L’anno che abitammo in subaffitto da una signora che aveva perso un figlio piccolo, lessi una sua collezione rilegata del Corrierino dei Piccoli. Dagli otto anni agli undici, circa, ricordo con piacere le favole di Andersen, le fiabe di Esopo (in seguito la versione di La Fontaine che ho riletto in francese pochi mesi fa, un gioiellino). Pinocchio, però, non mi è mai piaciuto; “Il Cucciolo” (The Yearling) di Rawlings; Sussi e Biribissi, “Il Libro della Giungla” e “Storie Proprio Così” (Just so Stories, piccolo capolavoro) di Kipling, “Zanna Bianca” di London, i libri di Tarzan, “Piccole Donne”, “Papà Gambalunga”… difficile ricordare tutto

I genitori e la famiglia che ruolo hanno rivestito?

Ottimo. Mamma non mi comprava i fumetti (salvo da piccola il Corrierino) e più tardi, i romanzetti rosa. Li leggevo però, prestati da mia cugina o da un’amichetta! Da adulta mi sono accorta che per me sceglieva sempre opere di buona qualità. Babbo e fratelli e sorella non credo abbiano avuto un ruolo. Verso gli undici anni ricordo due libri regalati dalla mia madrina, “Sei fiorentini in Oriente” e un romanzo di Zola, molto casto, protagonista una ricamatrice di piviali. Quando adolescente, studiavo inglese e francese e mamma mi comprava libri adatti all’età in quelle lingue. In casa c’erano un’antologia per le medie e altro che non ricordo.

Che ricordi hai della lettura a scuola? Alle elementari, medie ed eventualmente alle scuole superiori?

Di lettura alle elementari ho solo un vago ricordo di una storiella moralizzante e – ho capito in seguito – filofascista. Alle medie in Italia ai miei tempi si leggevano vari autori, da un’antologia. Memorabili, Pascoli e Carducci, racconti (non boccacceschi) dell’epoca di Boccaccio, ho scordato l’autore; cantico di San Francesco, molti brani scelti, noiosetti, di autori di pregio che ho dimenticato. Poi brani del “De bello Gallico” in latino, giusto cielo! Alle medie e al liceo in Brasile, autori brasiliani ottocenteschi che non valevano granché. In casa lessi “I Promessi Sposi”, “Tartarino” e “Lettres de mon Moulin” di Daudet; commedie di Shaw, drammi di Shakespeare e altro che non mi viene in mente. Fu una docente di arti visive all’Università che mi indicò buoni autori della letteratura brasiliana e portoghese.

C’è un ricordo particolare della tua vita legato ad un libro?

A diciassette anni lessi “La Montagna delle Sette Balze” di Thomas Merton, che trovai eccezionale. Mi ero presa una cotta non corrisposta per un amico trentenne della sorella di una mia amica, che vedevo a casa della suddetta amica. Per avere un motivo di conversazione gli prestai “La Montagna”. Una delle peggiori gaffes della mia vita.

Che rapporto hai con le biblioteche?

Ai tempi del liceo, nella città di S. Paolo, Brasile, frequentai molto la biblioteca pubblica, per leggere romanzi però, non per studiare. La facoltà che ho frequentato aveva un’ottima biblioteca, dove trascorrevo gli intervalli tra le lezioni. Abitavo lontano e non andavo a casa a mezzogiorno. Quando ripresi gli studi, con corsi postlaurea, mi furono molto utili biblioteche del campus dell’Università dello Stato di S. Paolo. A Lucca, prendere in prestito libri alla Biblioteca Statale e in seguito all’Agorà è stata un’abitudine interrotta solo dal virus. All’Agorà mi hanno premiato due volte come lettrice più assidua, la prima volta come lettrice in inglese, ma il premio era in italiano!

Ci sono libri che hai odiato?

Proust: non dico odio, ma una noia mortale, mi sforzai molto per arrivare alla fine di un volume. “Le Affinità Elettive” di Goethe. Di nuovo, non odio, ma non capisco – anche col Faust – il motivo di tanta fama.

Il tuo libro preferito?

Mah, sono più di uno. Scelgo a caso “Emma”, di Jane Austen. C’è chi trova Austen autrice per signorine. Non percepiscono l’ironia garbata/spietata con cui descrive la società dove viveva. Tra le poesie, mi è sempre piaciuto assai il sonetto di Petrarca che inizia così: Solo e pensoso i più deserti campi…

C’è un libro (o più di uno) che ha modificato il tuo modo di vedere il mondo o te stessa ? Me lo puoi indicare?

L’insieme di letture di una vita mi ha certo influenzato ma scegliere è difficile. Mi vengono in mente: Dickens, quando fa capire in modo magistrale cosa poteva essere una grande città industriale dell’Ottocento e la rispettiva società; un paio di capitoli del Capitale di Marx; “Viva o Povo Brasileiro” di un autore brasiliano che fa una storia romanzata di una famiglia “di élite” e dei loro schiavi dal ‘600 alla fine dell’’800 – storia e critica sociale in stile piacevole da leggere. Che abbia modificato il modo di vedere me stessa, niente di memorabile, credo.

Hai mai letto di nascosto?

Ho letto spesso senza dire a nessuno cosa stavo leggendo, ma non propriamente di nascosto.

Ti sono mai stati proibiti libri. Perché?

No, ma il clima familiare con il tabù che impediva qualunque accenno al sesso mi ha, credo, impedito sempre di apprezzare libri con molte scene hard.

Che cosa significa per te leggere?

 Un’attività indispensabile. In mancanza di altro, leggo la percentuale di grassi saturi nel gorgonzola!

Voglio arricchire questa testimonianza con il riferimento ad uno splendido albo dedicato alla vita della grande architetta italiana Lina Bo Bardi che, nata del 1914,  scelse di vivere in Brasile. Si tratta di "Lina avventure di un'architetta" edito da Topipittori, conosciuto grazie alla ricca lezione "Intrecci: la mutevole relazione tra natura e architettura negli albi illustrati" tenuta da Petra Paoli (Accademia Drosselmeier) in collaborazione con @immagina_festival e @qui.festival. Una "biografia illustrata" dalla talentuosa Angela Leòn (anche lei migrata a San Paolo) che ho apprezzato molto perché mi ha riportato alla mente i piacevoli scambi letterari che intrattengo con Bona, anche lei architetta, vissuta in Brasile. Ed è stata proprio Bona a ricordarmi che viveva nelle vicinanze del museo d'arte di San Paolo, progettato da Lina, il Masp. Una coincidenza che però mi ha fatto pensare, come sottolineato anche da Petra Paoli, a quanto possa essere utile un  albo illustrato nel proporre a bambini e bambine, adulti ed adulte un esempio, un modello da seguire attraverso una biografia, attraverso la Storia di persone come noi.  Lina e Bona due pioniere.