Ho sempre amato la lettura da quando ero piccina. Iniziai con i fumetti di Topolino e non ho mai smesso di appassionarmi ai libri, al punto che, durante la scuola primaria, inventavo scuse per non andare ai compleanni degli altri bambini e restare a casa a leggere. Avere un libro tra le mani ha sempre significato, per me, staccarsi dalla realtà per un momento e immergersi in un altro mondo fino a divenire parte di esso, al punto di sentirne la mancanza una volta conclusa quella storia.
Se mi chiedessero quale sia il mio libro preferito da sempre, risponderei senza esitazione “Harry Potter”. Se mi chiedessero quale sia la festività che aspetto con ansia, ogni anno, risponderei il Natale. Chi non ha letto la saga del mago più famoso del mondo dirà che non c’è nessun legame tra le precedenti affermazioni. Chi invece, come me, ama il mondo di “Harry Potter”, ricorderà con piacere il primo Natale di Harry ad Hogwarts. Harry non aveva mai ricevuto un regalo per quella festività quando viveva con i suoi zii, non aveva mai partecipato alla decorazione dell’albero, non aveva mai trascorso una serata a chiacchierare davanti ad un camino caldo e non sapeva cosa fosse “il calore” il Natale. Ron, invece, con la sua numerosa e fantastica famiglia, sapeva bene cosa significasse quella festività e quanto fosse bello festeggiarla nella nuova scuola, ma, da veterano del Natale, non aveva lo stesso entusiasmo di Harry, il quale continuava a stupirsi di tutto ciò che aveva intorno.
Come ogni anno, in prossimità del Natale ho riletto “Harry Potter e la pietra filosofale” e, nonostante mi sia sempre vista come Ron, quest’anno mi sono identificata più con Harry. Circa un mese fa, mi sono sentita male improvvisamente e sono stata portata in ospedale, dove sono risultata positiva al Covid-Sars-2. Con grande sorpresa di tutti, sono stata molto male, nonostante i miei 25 anni, e sono qui a scrivere dal letto di un albergo sanitario covid. Restano circa 30 giorni al Natale, sembra lontano ancora, ma per la lentezza con si arriva alla guarigione da questo virus, è davvero vicino e non so se sarò guarita per quel giorno.
Questi giorni, mi capita di pensare al cenone di Natale come alla cena più attesa dell’anno, ad immaginare le luci per le strade come quando da piccola camminavo per le stradine di Gardaland e desidero la quiete familiare come si aspetta la quiete dopo la tempesta.
Poi ripenso a quante persone hanno perso un familiare in questa pandemia, quanti bambini non potranno vivere questa festività con i propri genitori perché impegnati tra le corsie degli ospedali e quanti non hanno neanche l’entusiasmo di festeggiare, perché, in questa situazione, cosa c’è da festeggiare?
La pandemia ha fatto innumerevoli danni, sotto ogni punto di vista, ma forse, è venuta a ricordarci di non dare nulla per scontato, a stupirci ed entusiasmarci ancora della “normalità”, ad essere un po’ più come Harry, che non si fece troppe domande e trascorse il più bel Natale della sua vita.